INTERVISTA A EMINE’

Gli eventuali errori grammaticali nell’intervista ci sono perchè abbiamo deciso di scriverla trascrivendola parola per parola, quindi sono volontari.

Emma: Noi siamo la classe 2° del liceo Duca d’Aosta di Padova, io sono Emma Pegolini, poi ci sono Alessia Caramelli, Annachiara, Davide e Gloria. Noi siamo qua per il progetto Fontana per quanto riguarda le migrazioni e siamo qui ad intervistare la professoressa Eminè. Intanto volevamo chiederle dove è nata.
Eminè: A Buenos Aires, in Argentina, dove è nato Papa Francesco, come sapete, anzi quasi nello stesso quartiere, allora quando è stato proclamato Papa io ero la più felice di questo mondo perché è Papa Francesco, che mi ha donato questo crocifisso, e allora tecnicamente siamo vicini come nascita e la mia madre lingua, lo spagnolo, più che altro Castigliano, perché è un po’ uno spagnolo dialettale, ecco, quindi sono nata proprio nel quartiere di Papa Francesco
Emma: Per quanto tempo ha vissuto in Argentina?
Eminè: Ho fatto le scuole elementari, sono cresciuta li, e siccome praticamente lo spagnolo e l’italiano sono quasi simili, anche se non lo sono, allora sono venuta a Padova per merito di Sant’Antonio, no, per una borsa di studio. Ma anche per merito di Sant’Antonio perché i frati di Sant’Antonio mi hanno un po’ aiutato, dato una spalla, ma devo tutto a loro quello che sono. Ecco il discorso della lingua che lo spagnolo e l’italiano io non ho fatto difficoltà a imparare l’italiano perché dallo spagnolo all’italiano non cambia molto, anzi il dialetto veneto l’ho capito subito, perché ci sono tante parole che somigliano al Castigliano. Quindi appunto non ho fatto fatica. Poi in Argentina, come sapete, c’è stato il contrario, ovvero l’emigrazione degli italiani in Argentina quindi li moltissime famiglie, tra cui anche quelle del nostro condominio, erano italiani, più dal Friuli, e quindi siamo un po’ cresciuti con l’italiano, e io l’italiano ce lo avevo già dentro in testa. E’ stata una continuazione dall’Argentina passare in Italia, quindi forse non ho avuto i problemi, come ad esempio i rumeni, che spesso seguo, ed hanno una lingua latina ma  differente e quindi hanno difficoltà, ma io non ne ho avute. Poi qui ho studiato medicina. Per la cittadinanza siccome c’è un rapporto Argentina-Italia si fa la doppia cittadinanza, per esempio se voi foste andati in Argentina avreste avuto poi la cittadinanza argentina oltre che italiana, quindi nessuna difficoltà neanche con quello. E’ stato appunto un proseguire, una strada continua. Io qui a Padova vivevo e vivo come sono nata e cresciuta, ecco perché dico che sono padovana, cioè voi avete un prototipo di immigrazione tutto al contrario, invece di tanti altri che vedo, ad esempio con i rumeni, che conosco perché seguo la chiesa del Beato Pellegrino, e accolgono le badanti e loro si che hanno problemi di integrazione, e quindi addirittura loro vogliono la loro chiesa, le loro abitudini perché hanno una cultura diversa, mentre la mia è uguale a questa. Quindi per me non c’è stato uno scontro di culture che può esserci invece per un marocchino, un africano.
Emma: Mi hanno detto che lei è stata anche in Turchia per un po’ di tempo.
Eminè: Si, ma per poco. E li si, c’è una cultura molto diversa. Li ho mio fratello, ecco perché vado avanti e indietro, perché lui ha sposato una turca ed ha avuto dei figli, allora vado a trovarlo spesso perché è l’unica persona che ho della mia famiglia, però la mia famiglia è qui a Padova con i miei amici e la mia attività, la Chiesa.
Emma: Il viaggio com è stato? È stato difficile arrivare?
Eminè: No, ho sempre preso l’aereo.
Emma: E per quanto riguarda la casa, il lavoro?
Eminè: No perché avevo sempre la mia famiglia dei frati di Sant’Antonio. La mia prima casa è stata la casa del Pellegrino, vicino al Santo, e dopo ho vissuto anche con un’altra amica, però non è stato un problema neanche per l’abitazione. Io continuo a dire di essere molto devota a Sant’Antonio perché ogni volta che facevo l’esame di medicina andavo a Sant’Antonio e pregavo e mi è andata sempre bene.
Emma: Lei ha riscontrato più differenze tra Argentina e Italia, Argentina e Turchia o Turchia e Italia?
Eminè:  Sinceramente negli ultimi anni, diciamo vent’anni, c’è una corrente di globalizzazione, per cui se voi andate a Istanbul vedete un paese più europeo alla fine perché almeno una parte di Istanbul è europea, li trovate tutte le vostre firme, Armani, Gucci, Calzedonia, tutto, è come se si viveste in Europa. Poi c’è una parte diciamo antica, però in fin dei conti con questa nuova ondata di globalizzazione non è che ci sia tanta differenza. C’è la differenza invece della lingua, perché la lingua turca io ho fatto molta difficoltà a impararla, mentre l’italiano non era un problema, il turco è stato pesante come lezione perché è tutta un’altra lingua, è completamente diversa, e tuttora la parlo con molta difficoltà, li si che divento tra virgolette un’emigrata.
Emma: E ora qui in Italia come si trova?
Eminè: Ora? Io sono quasi nata qui! La mia vita è passata qui.
Emma: E di primo impatto come le è sembrata?
Eminè: Sempre benissimo, come ho detto mi è sembrata la continuazione della mia vita in Argentina, di Buenos Aires.
Emma: Che lavoro fa?
Eminè: Io sono in pensione ma tuttora continuo a fare ricerca, perché quello che mi è sempre piaciuto fare è studiare, studierei anche il cinese pur di continuare a studiare, tanto è vero che studio ancora l’organo.  La mia attività fuori da quella in ospedale è quella di suonare l’organo e cantare nel coro del Duomo.
Alessia: Che tipo di ricerche fa qui?
Eminè: Ricerche sugli anziani, nutrizione per gli anziani, perché ho studiato scienze dell’alimentazione, e quindi mi occupo di diete per gli anziani.
Emma: Com’era la vita in Argentina?
Eminè:  Buenos Aires quando sono nata io era uno dei paesi più ricchi del sud America. Quindi sono nata e cresciuta in un ambiente americano, tipo New York, avevamo tutto, era molto bello. Quindi la vita a Buenos Aires rispecchia un po’ quella mia di adesso in Italia, solo che dopo in Argentina ha avuto i suoi guai, e quindi purtroppo è andata male, c’è stata la crisi e sta cercando di riprendesi, però purtroppo non è più come prima. Però se andate a Buenos Aires vedete una città europea, non è una città del sud America come può essere ad esempio il Venezuela. E’ una città che rispecchia l’Europa, infatti la chiamano la Firenze del sud America. Questo anche perché c’è stata una forte immigrazione dall’Europa, prima degli spagnoli dopo degli italiani, infatti se prendete l’elenco telefonico i cognomi sono più che altro italiani, spagnoli, ma c’è stata anche un’influenza inglese.
Emma: La cosa che preferiva dell’Argentina?
Eminè: Tutto, perché ci sono nata, però qui non mi manca niente, e soprattutto adesso con Papa Francesco mi fa ricordare molto Buenos Aires. Però non sento una grande nostalgia, sento piuttosto nostalgia di Padova quando vado a trovare mio fratello.
Emma: E una cosa che preferisce dell’Italia in generale?
Eminè: Tutto, la cultura, le bellezze. Proprio tutto. Non so cosa non mi piaccia.
Annachiara: E’ sempre rimasta qui a Padova?
Eminè:  Si si, sempre a Padova. Non mi sono mai mossa e mai mi muoverò.
Alessia: A che età ha affrontato il viaggio dall’Argentina?                                                    
Eminè: Ho fatto le scuole, dopo ho fatto il liceo italiano, e sono venuta qui a studiare medicina.
Emma: E suo fratello è rimasto in Turchia giusto?
Eminè: Io non sono rimasta in Turchia perché la mia vita era qua, però vado si su e giù a trovare mio fratello, che è l’unica persona che ho ancora e che è sposato. Ci sono tra l’altro appena stata, anche con tutti i problemi che ha attualmente la Turchia, però devo andare, non ci vado mica come turista.
Alessia: Suo fratello è mai venuto qui in Italia?
Eminè: Si si, anche mia cognata e i miei nipoti.
Emma: In Turchia, soprattutto negli ultimi tempi, ha trovato un cambiamento da quando è andata per la prima volta?
Eminè: E’ in continua evoluzione, perché lì da una parte tira l’Europa, perché è un posto molto strategico. Adesso è un periodo un po’ brutto, ma quando passerà vi consiglio di visitare la Turchia, soprattutto Istanbul, che è bellissima.
Alessia: E invece in Italia, da quando è venuta qui ad adesso, vede cambiamenti?
Eminè: Io ho vissuto sempre nel centro storico di Padova, e credo che l’Italia sia un paese basato sulla sua storia, da quando sono venuta qui ad ora c’è sicuramente più movimento, perché adesso è una città turistica, prima era solo una città universitaria. Adesso c’è quindi più animo, ed è meglio adesso.
Alessia: Ci hanno detto che lei aiuta dei migranti, cosa fa esattamente?
Eminè: Al Beato Pellegrino venivano dei rumeni e delle rumene, che sono di religione cattolica, e avevano bisogno della Chiesa, così il vescovo gli aveva dato il Beato Pellegrino. Li per anni ho seguito insieme a una suora queste donne rumene che venivano ad imparare a fare le badanti, infatti con la clinica facciamo un corso per aiutarle, per insegnarle come assistere gli anziani. Anche perché loro hanno dei problemi ad adattarsi alla cultura italiana, perché la loro è diversa, e anche con la lingua. Purtroppo però a ottobre è stata chiusa la Chiesa per inagibilità e quindi non va più nessuno.  
Emma: Quindi ora c’è molta più difficoltà ad integrarsi, rispetto a una volta?
Eminè: Si, sicuramente. Loro erano molto felici nella loro Chiesa, in un contesto tutto loro, ma ora sono dispersi perché non hanno nulla. L’unica è la chiesa del Tempio della Pace, quella alla stazione, che raccoglie tutti i migranti, e Don Elia che li aiuta e li segue. In quei casi si sono problemi, perché non trovano lavoro, prima facevano il corso per diventare badanti gli immigrati, ora vengono gli italiani, perché preferiscono seguire loro i propri familiari e non le assistenti sociali.

Tutti: Grazie mille.

Emma, Alessia, Annachiara, Davide, Gloria

Storia di Georgel

La trascrizione dell’intervista è fedele all’originale anche nella forma, in quanto in questo lavoro abbiamo ritenuto importante anche rispecchiare le difficoltà linguistiche dell’intervistato.

Allora… volevamo iniziare sapendo come si chiama.
“Ghetau, ma lo devo dire come pronuncia italiana o?” No pronuncia rumena “Ghetau Georgel”

Quindi da dove viene? “Vengo dalla Romania”

E la città precisa? “La città precisa è in campagna, un piccolo paese in campagna”
Come mai ha deciso di spostarsi? “Una scelta del momento, se la dovrei rifare non penso” Perché? “Perché purtroppo tanti di noi sperano di trovare el dorado ma invece non è per niente vero, dopo un po’ man mano che passa il tempo uno riesce a integrarsi più o meno e dopo ritorna difficile tornare al paese di origine”

Come si è sentito a lasciare la Romania? “Ma ovviamente male, quando lasci il paese di origine, ti lasci genitori, parenti, normale è”

Da quanto tempo vive qui? “Dal 98, fate un po’ di conti (ride) difficile è” 18 “18 anni, si”

Quindi la sua famiglia non è qui? “No, purtroppo non ho nessuno in Romania, la mia famiglia adesso è qui”

Quando ha lasciato la Romania è partito da solo? “No avevo un fratello anzi ce l’ho tutt’ora che aveva aperto la strada chiamiamola così, non sono partito proprio allo sbaraglio, non so come chiamarlo, sapevo che non andavo a dormire sui fossi o sotto i ponti”

Con che mezzo ha viaggiato? “Ah, devo dire tutta la storia. La prima volta ero partito clandestinamente e purtroppo non sono arrivato. Sono stato riportato in Slovenia. E dopo non potevo più passare in Slovenia, sono stato costretto a fare un visto per l’Unione Europea, più preciso per la Francia, che faceva parte della comunità Europea. Quindi prima sono andato in Francia e poi in Italia”

E quanto è rimasto in Francia? “Ah, pochissimo, il tempo del viaggio: quattro giorni. Non avevo nessuna intenzione di fermarmi là”

Che emozioni ha provato durante il viaggio? “Avventura, quello sì, e un po’ di timore perché è un posto dove non sei mai stato e il problema della lingua”

Quando lei è arrivato qui com’è stato? “L’impatto?” Si, il primo impatto “Come ho detto, non era quello che mi aspettavo. Al momento non riuscivo a… non conoscevo la gente, il posto, mi arrivava tutta un’immagine distorta diciamo più dei racconti degli altri, non era quello che è veramente alla fine”

Ha avuto difficoltà con la lingua italiana? “Si, certo. Tutti quanti, tutti gli stranieri penso che abbiano difficoltà anche se qualcuno impara prima e qualcuno dopo”

Aveva un lavoro in Romania, l’ha cambiato oppure…? “Si avevo un lavoro e l’avevo mollato, appunto perché sapevo che dovevo arrivare qui”
Diverso da questo quindi? “No no sempre più o meno la stessa cosa”

Le piace il lavoro qua? Cioè questo lavoro però qua in Italia? “Non è un discorso se mi piace questo lavoro in Italia o meno, lo potrei fare benissimo in Romania come in qualsiasi altro paese, ho scelto di farlo qua ma non è che in Italia o in Romania, il lavoro mi piace questo non so se mi sono spiegato”

Quindi è stata anche una scelta a venire qua in Italia? “Non sono stato obbligato da nessuno”

Quindi non è per condizioni di lavoro? “No allora, è tutto diverso… sì, le condizioni di lavoro dipende da come le vedi, non perché volevo a fare a tutti i costi questo lavoro qui in Italia, perché voglio fare un lavoro per essere pagato e riuscire a farsi una famiglia”

Quindi si trova bene? “Dopo tutti questi anni… se sono ancora qui dopo tutti questi anni si, oddio… sì, no mi trovo bene sennò non sarei qui. È che come avevo detto dopo un po’ di tempo che sei su un altro paese è difficile anche tornare a casa tua, ti sentirai come uno straniero. Anche io adesso quando torno, per quel poco che torno, mi sento no straniero ma non più del posto”

A che età è partito? “Ventisette anni”

E le persone del luogo, insomma gli italiani com’erano? “Quando sono arrivato no? Come oggi (ride) manca qualcuno purtroppo, si mi sono trovato bene, si sono stato accolto bene”

Suo fratello è sempre qua? “Si, anche lui, anche gli altri fratelli”

Ha notato le differenze? “In che senso?” Da qui alla Romania? “Si ma differenze di che tipo? Perché ci sono un sacco di differenze, però…” Magari differenze economiche o politiche o anche di abitudini? “Sicuramente economiche sì, ai tempi, adesso non posso più parlare. Non vivendo là non posso dire, ma ai tempi sì perché non sarei rimasto qui. Politiche tutto il mondo, il paese. I politici… non dico quello che fanno ma… abitudini sì, più o meno provengono dalla stessa origine, sono ben diversi: come mentalità, come…”
Quindi anche rispetto al carattere? “Sì non è che… è un mio parere, nel senso che ritengo gli italiani un po’ più chiusi, poco aperti, invece rumeni più solari e aperti al prossimo anche. E questo era un mio parere”

Vuole raccontare lei qualcosa che si ricorda “Da cosa? Da che periodo? Che ero qui, che sono arrivato, dopo o adesso?” Durante il viaggio, dall’inizio quando ha deciso di spostarsi “Durante il viaggio, come ho detto, sembrava più un’avventura, non era il primo paese dove ho deciso di migrare, prima di passare qui ho passato per la Grecia, ho passato nove mesi là ed era tutto un’altra cosa: sono paesi ben diversi, come ho detto, Romania, Grecia, Italia e là non mi sono trovato neanche là dal punto di vista economico. Perché spostarsi e andare nell’estero… perché purtroppo anche i ragazzi italiani stanno immigrando tanti che vanno a lavorare all’estero. Non è una cosa buona, bella da vivere. Tra l’altro non so cosa raccontare, mi son trovato bene, mi hanno accolto bene; i genitori del titolare, brave persone”

Gli stanieri come descrivono l’Italia? “Della Romania?” In generale, se conosceva qualcuno che le aveva descritto l’Italia prima del viaggio, ci sono degli stereotipi precisi dell’Italia che girano? “Sì sì ovviamente ce ne sono in tutti i paesi, un po’ dalla realtà io lo sapevo perché quello che mi ha fatto arrivare qui era mio fratello, quindi non è che poteva raccontarmi balle o… cioè qualcosa mi ha raccontato com’erano le cose, ovviamente non volevo crederci. In genere, si parlava bene forse per quello tanti hanno deciso di andare via. Magari si vedeva arrivare in paese con il macchinone e allora uno pensava se la passa bene, quindi provo anche io. Ma sono scelte di vita, non le consiglio a nessuno alla fine”

Ma lei prima aveva detto che aveva delle aspettative sull’Italia, positive o negative all’ inizio? “Positive ovviamente, positive. Dopo sai com’è come i sogni uno sogna ma rimane col sogno”

E a volte sente delle battute discriminatorie o comunque razziste soprattutto qua in Veneto? “Si ragazze, penso che al vostro livello non si sente così. Qualcuno qua è straniero?” No “Ehh allora solo io (ride). Al vostro livello non si sente così, perché voi crescete insieme con gli stranieri, ma al nostro livello… quello sì, tante volte purtroppo. Dal tabaccaio fino al comune o si a tutti i livelli”

Ha sentito che qua nel Veneto c’è il partito della Lega? “Sì sì” è molto chiuso e razzista, cioè non la Lega però comunque qualche partner o qualche politico “Sì ho sentito, ma mi è sempre sembrata una presa per… presa in giro, non ho mai dato peso a quella roba. Invece fa male quando, come ho detto, andare dal tabaccaio e uno sente che da come parli non sei italiano, sei diverso quindi dipende tanto dalla gente: i ragazzi giovani sono più, sono un po’ più con tutto questa gente che arriva e vivete e crescete insieme con i bambini stranieri, siete un po’ più aperti ma i vostri genitori e i vostri nonni no, devo dire altro? Se non sono chiaro su quello che dico potete fare domande” Per noi è stato chiarissimo.

Cecilia Alessi, Lucrezia Toffanin, Francesca Reale, Laura Beggiora, Martina Gasparini

LA NUOVA VITA DI NATALIA

COME TI CHIAMI?
Io mi chiamo Natalia Prisacaru
QUANTI ANNI HAI?
Ho 36 anni
DOVE VIVI ADESSO?
Adesso vivo a San Giorgio in Bosco
DA DOVE VIENI E DOVE SEI NATA?
Vengo dalla Moldavia, sono nata in una città non lontana dalla capitale che si chiama Orhei
QUANTI ANNI FA SEI ARRIVATA IN ITALIA?
Sono arrivata 13 anni fa
PERCHÉ HAI SCELTO L’ITALIA?
Non saprei dirlo, forse perché ero entusiasta di conoscere l’Italia perché mi piaceva Venezia, in quel momento lì l’ho scelta per quello. Non l’ho scelta perché avevo molta altra scelta. Potevo scegliere anche l’Olanda perché avevo delle altre conoscenze ma in quel momento mi è venuto istintivo scegliere l’Italia perché era un sogno fin da quando ero piccola.
QUINDI L’ITALIA NON É PROPRIO COME TE L’ASPETTAVI?
Allora quando io ho deciso di visitare questo paese era più per divertimento e per curiosità, non per quello che poi realmente sono venuta a fare. Dopo qualche anno sono dovuta tornare per necessità, diciamo che non avevo aspettative di trovare qualcosa, volevo visitare il paese e sinceramente sono rimasta stupita perché avete un bellissimo paese. Sono rimasta stupita per Venezia, per le montagne che da noi non ci sono e a me piacciono molto. Sono rimasta stupida del paese in sé… è tutta un altra cosa…
COSA TI HA SPINTO A MIGRARE?
I fattori che mi ha spinto a migrare sono stati dei problemi economici in famiglia. Poiché ho visto che le cose non cambiavano e per un po’ di tempo sono stata a casa dal lavoro che svolgevo in Moldavia ho deciso di provare a venire in Italia per un anno, pensando così di sistemarmi economicamente. Poi è passato un anno, due, tre e non so dirti come mai ma non sono più tornata…per ora, non si sa mai…
COM’ERA LA SITUAZIONE ECONOMICA DEL TUO PAESE PRIMA DI SPOSTARTI?
Brutta, anche perché il mio paese è stato per 60 anni sotto la dittatura russa, siamo cresciuti con loro, dopo siamo diventati un paese dipendente e purtroppo la valuta russa che avevamo è caduta, non era più valida. Molta gente si è trovata senza lavoro, poiché tutte le materie prime arrivavano dai russi e dopo che siamo diventati dipendenti non è più arrivato nulla. La cosa si è aggravata quando abbiamo cambiato la valuta da quella russa a quella moldava poiché la moneta aveva perso il valore che aveva. Molte persone si sono tolte anche la vita (soprattutto persone anziane) mentre altre invece sopratutto giovani hanno deciso di spostarsi perché avevano capito che il paese non si sarebbe ripreso velocemente. Tuttora la situazione non è delle migliori. Diciamo che se il mio paese riesce a mantenersi è grazie alle persone che si sono spostate che inviano del denaro alle famiglie che vivono lì
SEI MIGRATA DA SOLA?
Si sono migrata da sola, ho deciso che volevo arrangiarmi da sola,avevo solo 23 anni e sicuramente non è stata una cosa pensata,è stata più la rabbia, il fatto che volevo farcela da sola…hai presente quando i testardi vogliono fare da soli senza l’aiuto di nessuno? Ecco in quel momento ho sentito questo bisogno
QUANDO SEI ARRIVATA QUI AVEVI QUALCHE PERSONA CHE TI POTESSE AIUTARE?
Si avevo una conoscenza attraverso delle altre conoscenze. Diciamo che è stato un viaggio azzardato
CON CHE MEZZO TI SEI SPOSTATA?
Mi sono spostata con un pulmino di otto posti
I DOCUMENTI ERANO TUTTI IN REGOLA?
Si ma inizialmente era un visto turistico, con il quale potevo spostarmi ovunque all’interno dell’Europa
CHE DIFFERENZE HAI TROVATO CON IL TUO PAESE?
Sopratutto la lingua, il modo di fare, qui c’è molta più semplicità. A casa mia anche se si vive in povertà bisogna risultare in un certo modo, le persone si fanno troppa pressione su loro stessi, non sono liberi di fare ciò che vogliono, mentre qui ho trovato molta libertà e non mi sento giudicata…poi io ho avuto la fortuna di trovare le persone giuste che mi hanno aiutato soprattutto italiane. Il paese in sé come ho detto all’inizio, il modo di vestirsi, le abitazioni, i diversi cibi, il fatto che qui esistevano già i negozi grandi come ad esempio i supermercati che da noi ancora non c’erano.
CHE LAVORO FACEVI NEL TUO PAESE?
Nel mio paese ho studiato medicina, ho fatto un liceo e mi sono laureata in assistente ostetrica, poi mi hanno spostato in rianimazione dei neonati. Ho lavorato in un ambiente dove ho imparato ad avere un cuore di pietra, a non cedere, e a come prendere la persona, specialmente quando ti arrivavano i casi più gravi e devi dare la notizia ai genitori, guardandoli fissi negli occhi. Ci insegnavano come dovevamo comportarci. Tutto dipende da come parli e da come ti comporti. Non è facile. Però è una bella soddisfazione quando salvi una persona e ti mette molta adrenalina. Era comunque un’emozione molto forte. Ogni caso era unico e ogni giorno andavi volentieri a lavorare. Quando andavi via dopo aver salvato una vita era un’emozione incredibile … come non è bello quando qualcuno non ce la fa e allora è come fosse una cosa tua che si è spenta. Non va bene. E non è facile.
Poi sono stata per un periodo in maternità, ho partorito ed è per questo motivo che ho deciso di venire un anno in Italia, dopo ovvio che il mio pensiero era quello di tornare al mio lavoro che mi piaceva moltissimo e invece non è stato così.
CHE LAVORO SVOLGI OGGI IN ITALIA?
Tutt’ora come quando son arrivata sono una cameriera in un ristorante
IL FATTO CHE NEL TUO PAESE SVOLGEVI UN LAVORO E QUI DEVI FARNE UN ALTRO COME L’HAI PRESA?
Non bene, anche perché era un mio sogno, quando sono arrivata qui non avevo intenzione di rimanere fondamentalmente e se avessi voluto rimanere avrei dovuto iniziare di nuovo a studiare qui in Italia, io non potevo permettermi ciò a livello economico, e sopratutto mi ero informata e avrebbero potuto spostarti da un posto all’altro e io non avevo ancora la patente. Perciò ho deciso di abbandonare quel sogno. Dopo poco tempo sono riuscita a prendere la patente avevo imparato bene la lingua, ma come si sa la medicina ogni sei mesi ha bisogno di aggiornamento e io ero rimasta troppo indietro
HAI QUALCHE PARENTE RIMASTO IN MOLDAVIA?
Si ho i miei genitori e i miei due fratelli
TI MANCA LA TUA FAMIGLIA…?
Certo, molto
…E IL TUO PAESE D’ORIGINE?
Io credo che una persona sia felice quando ha una persona al suo fianco che le vuole bene,quando si ha un lavoro, le proprie abitudini, che riesci a mantenere la tua vita e che tu possa vivere discretamente bene…allora stai bene in qualsiasi posto. Il mio paese si certo mi manca per le tradizioni, abitudini, quelle cose che avevi e ti piacevano che ora qui non posso fare, i posti d’infanzia ma se inizi ad adattarti nel paese in cui ti trasferisci passa in secondo piano il tuo paese di origine.
TI SENTI CITTADINA ITALIANA?
In qualche modo si, ormai manca poco tempo dai 10 anni di residenza e mi piacerebbe prendere la cittadinanza italiana, in modo da sentirmi più vicino al paese in cui vivo
QUANDO SEI ARRIVATA HAI MAI SUBITO DISCRIMINAZIONI?
No fortunatamente no, anzi quando sono arrivata ho trovato subito lavoro non avevo ancora imparato la lingua e i miei colleghi mi hanno aiutato molto sotto questo punto di vista.
LA FAMIGLIA ATTUALE?
Ho conosciuto un ragazzo italiano ha un anno in più di me, l’ho conosciuto sull’ambito lavorativo lui era il pizzaiolo e inizialmente non andavamo molto d’accordo, mano a mano ci siamo piaciuti ed è stato proprio l’incontro con questa persona che mi ha fatto cambiare l’idea di tornare nel mio paese, lui mi ha aiutato moltissimo anche per il fatto che io ero già stata sposata e da questa relazione avevo avuto un figlio e lui mi ha aiutato a portalo qui in Italia in questo momento ha 15 anni frequenta il primo anno di un istituto a Cittadella di meccanica e meccattronica. Ed gli piace molto l’Italia, non tornerebbe mai in Moldavia, non prova nostalgia e anche la lingua non la vuole parlare preferisce parlare l’italiano
A CHE ETA’ SEI ARRIVATA IN ITALIA?
Aveva otto anni, a differenza mia lui però ha imparato la lingua molto velocemente
COME È STATO IMPARARE LA LINGUA ITALIANA? QUANTO CI HAI MESSO?
Dipende molto dalla persona e da dove arriva. Nel mio caso, la mia lingua arriva da un ramo latino per cui per me è stato un po’ più facile perché tante parole si assomigliano. Il problema quando noi arriviamo non è tanto la lingua italiana ma il dialetto che parlate. Io mi sono trovata in una zona di campagna a Tremignon dove ancora lavoro in un ristorante e parlavano tutti in dialetto. Voi ridete, ma non è facile perché in fondo l’italiano l’ho dovuto imparare più da sola soprattutto grazie alla televisione dove in alcuni programmi, come Beautiful, parlavano lentamente e ripetevano più volte la stessa frase anche gesticolando. L’alternativa è frequentare una scuola per imparare a parlare bene. Anche perché chi impara stando a contatto con la gente non riesce poi a scrivere in italiano in modo corretto … Per esempio l’uso delle doppie: spesso nell’italiano parlato non si sente dove vanno messe e quindi poi si sbaglia anche a scrivere.
In conclusione non ci ho messo tanto tempo a imparare l’italiano. Dopo un mese riuscivo già a fare delle frasi e dopo quattro mesi parlavo già abbastanza bene. Certo ancora faccio degli errori, per esempio con i verbi, perché è una grammatica difficile, ma vi assicuro che il russo è ancora più difficile perché ci sono lettere che si scrivono ma non si pronunciano o altre che si pronunciano in modo diverso da come si scrivono. Quindi l’italiano in fondo non è la lingua più difficile.
Non ci ho impiegato tanto quindi. Se uno vuole impara. Io nel lavoro e a casa mi sforzo di parlare soprattutto in italiano per cui ho imparato più facilmente.
PENSI MAI DI RITORNARE?
Se vorrei un domani ritornare indietro? Forse, non lo so. Tante volte ci penso … alla fine non si sa come andrà la vita, però se le cose vanno bene e mi trovo bene qua, resto qua. Certo che se domani le cose cambiano, visto che nella vita può succedere di tutto, l’unica cosa che ti rimane penso sia quella di ritornare a casa, anche perché forse hai più sostegno.
MA IN TUTTO QUESTO TEMPO SEI TORNATA QUALCHE VOLTA O NON SEI PIÙ RITORNATA?
Sì. La prima volta che sono tornata a casa è stato dopo tre anni: per tre anni non ho visto né i miei genitori né mio figlio. È stata molto dura. Se tornassi indietro non so se farei lo stesso.
I GENITORI QUANDO SEI ARRIVATA QUI E HAI DECISO DI LASCIARE TUTTO COME L’HANNO PRESA?
Male. Mia mamma non era d’accordo assolutamente. Non lo accettava; diceva che mi avrebbero aiutato loro. Però ha visto che io ero decisa. I problemi erano miei e dovevo organizzare la mia vita in qualche altro modo. Non potevo andare avanti così. Comunque alla fine ha capito. Ci è voluto un po’ anche perché mi sono dovuta assicurare che fosse disposta a tenere mio figlio altrimenti non sarei potuta venire qua. Non è facile abbandonare. È stata dura.
Dopo che sono tornata a casa la prima volta, torno ogni anno. L’anno scorso sono andata a febbraio quest’anno vado tra un mese. I miei genitori sono stati qua una decina di giorni, è un po’ più facile adesso.
Tuttora non siamo nella Comunità Europea per cui per noi è un po’ più difficile muoversi in Europa. Però le regole e le leggi attuali ti permettono di spostarti dal paese per brevi periodi. Una volta era più difficile dovevi avere la residenza, un affitto a tuo nome, perché se invece eri ospitato presso qualcuno c’erano un’infinità di carte e permessi da chiedere che alla fine ti passava la voglia.
E SE UN DOMANI TUO FIGLIO VOLESSE SPOSTARSI TU LO SOSTERRESTI IN QUESTA SUA SCELTA?
Sì. Io penso che ognuno debba farsi la sua esperienza di vita. Io, anzi, gli ho detto se vuole già pensare a un paese dove studiare, soprattutto per la lingua e per la cultura è importante. Se uno vuole studiare la cultura e la lingua di un paese deve andarci, perché dai banchi di scuola non si può capire fino in fondo.
La si deve vivere dentro, fare esperienza vivendo come vivono le persone di quel paese allora si può capire fino in fondo.
PER QUANTO RIGUARDALA BUROCRAZIA DI CUI HA PARLATO, È DIFFICILE?
Sì. Tuttora nel nostro paese non è facile. Io sento i miei amici che sono ancora lì e mi dicono che ancora non è facile trovare un lavoro o tenerlo per tanto tempo come una volta. Io non rimpiango quando eravamo con la Russia, anche perché era una dittatura, ma eravamo tutti uguali. Eravamo tranquilli perché ognuno aveva il suo lavoro, ognuno aveva la sua macchinetta, il suo appartamento. Pensa che nel 1992 quando eravamo già indipendenti ho visto per la prima volta i senzatetto e ho chiesto alla mia mamma chi fossero e perché chiedevano l’elemosina. Non li avevo mai visti perché non esistevano. Non c’erano tutti i disoccupati e i senzatetto che ci sono adesso.
Io non rimpiango. È vero adesso si studia ma non si sa se poi si trova lavoro. Invece una volta quando eravamo a scuola, si trovava già un lavoro. E all’epoca della Russia tu studiavi ed era già assicurato un lavoro per te. La scuola non si pagava, i libri te li dava lo stato in comodato d’uso … Non avevi pensieri. Adesso sono come qua. Paghi la scuola e tutte le cose, i libri …
Non eri un peso per la famiglia. Io non voglio dire che voi qui siete un peso ma certo siete un pensiero anche perché solo di scuola costate parecchi soldi, basti pensare anche solo all’abbonamento dell’autobus … Noi lo facciamo col cuore e volentieri per aiutarvi come lo siamo stati noi, ma vi spiego che una volta sotto la Russia, e ripeto non rimpiango perché è giusto che nessun paese subisca la dittatura ma si senta libero, però non c’erano tutti questi pensieri. Non avevi paura di non arrivare a fine mese. Adesso è un problema grosso anche lì.
COME VEDI LA QUESTIONE DEGLI IMMIGRATI DI OGGI, QUELLI CHE ARRIVANO CON I BARCONI?
È dura. È un problema grave per lo stato italiano perché non li gestiscono in modo tale che uno possa venire qua e sia seguito. È vero che anch’io sono “entrata”, ma quando sono arrivata ho fatto una serie di esami medici. Adesso non c’è controllo. Tu vuoi fare del bene ma non sai come farlo, perché puoi creare dei problemi per il popolo italiano stesso. Io a volte mi preoccupo perché tante malattie non vengono viste, perché non vengono seguiti nel modo giusto. Sono quasi buttati là. Poi quando non riescono più ad assisterli li “buttano” per le strade e cosa fa una persona così? Se tu non hai da mangiare cosa fai? Rubi. Entri in casa e succede quello che succede. Ma lo fanno non perché lo vogliono fare ma perché non hanno un’altra scelta.
Allora ecco che prendono altre strade: droga, armi, prostituzione. È tutta una catena. Io penso sia importante aiutarli, come lo sono stata io, ma tutto deve essere registrato. Non hanno documenti, non hanno neanche il nome e non si sa la loro età. Vengono con documenti falsi. È una situazione difficile da gestire. Non è facile per lo Stato italiano e alla fine penso che sia il popolo, quello stesso che vuole aiutare e dare una mano, a subire accogliendo. Ma non è quello il solo aiuto, perché così aiuti fino a un certo punto e quando non ce la fai più cosa fa? Non è che puoi trovargli un lavoro perché il lavoro manca già per gli italiani. È questo il problema. E allora si ribellano perché anche tra loro c’è quello buono che vuole veramente sfuggire alla guerra e c’è quello che viene apposta per fare danni. Come fai a distinguerli?
Quello è un problema. Sono tantissimi, io ho sempre pensato che, quando hai un afflusso così grande di persone dallo stesso paese, si potrebbe provare a dare loro una mano nel loro paese. Però non è facile neanche questo. Voi … diciamo noi, siamo un ponte per l’Europa: arrivano qua per poi espandersi. Io mi preoccupo per la salute delle persone. Già non ci sono più cose salutari da mangiare, siamo deboli e magari abbiamo vicino una persona con una malattia che ci indebolisce ancora di più. Mi dispiace dirlo, ma è vero. Non è una situazione facile da gestire. Io mi preoccupo anche per il futuro vostro e di mio figlio, per gli studi, per il lavoro e per la sicurezza: non sei più sicuro di andare a un concerto, in discoteca, a una festa … non puoi più essere sicuro che non succeda qualcosa. Avete sentito cosa succede al mondo. Ma non puoi neanche chiuderti in casa e dire non esco più.
Non è facile gestire un simile afflusso. Davvero io non saprei cosa fare. Certo che se uno ti bussa e chiede aiuto ti dispiace non darglielo. Questo forse ci distingue.
Non è che mi sento in pericolo, però ci penso tanto. Ti coinvolge tutta questa situazione. Anche se ti bussano alla porta, inevitabilmente sei malfidente.
E QUINDI QUESTO SOGNO DI LAVORARE COME OSTETRICA NON LO RIPRENDERAI PIÙ?
Io penso di no. Bisogna iscriversi a scuola. Io adesso penso a mio figlio … anche se non mi sono mai informata quanto mi costerebbe iscrivermi a Padova. Sicuramente non è una spesa indifferente e al giorno d’oggi con tutte le spese che devi coprire … non è facile fare delle scelte così. Certo che se avessi una possibilità la sfrutterei di sicuro.
E, a dire la verità, anche il lavoro che faccio adesso non mi dispiace, anche perché sono sempre a contatto con le persone e molte sono diventati amici, e ciò mi ha dato una soddisfazione enorme. Si è creato un legame. È anche questo studiare le persone.
Io lavoro in un ristorante in cui tu ti trovi come tra amici anche perché lavoriamo là da tanti anni. Sono quasi 12 anni che ci lavoro con il mio compagno.
Questo lavoro mi piace perché è un po’ come fosse il mio posto: ci sono cresciuta dentro, ho imparato tante cose. Ho iniziato a lavorare come lavapiatti, poi ho dato una mano in cucina e poi sono uscita in sala come cameriera e adesso faccio un po’ di tutto. E non mi dispiace. Mi sento più vicina alla cultura italiana, come modo di comportarsi, di mangiare … È un posto in cui scopri tutto del paese.
Grazie.

Facco Alessia, Pettenuzzo Alessia, Ruzzarin Francesco, Toffan Serena Maria, Zanotto Anna

Una nuova vita, da Padova a Miami.

Intervista a Stefano Mazzucca

Chi sei?
Mi chiamo Stefano Mazzucca e ho 16 anni.
Da dove vieni?
Vengo da Padova.
Quando sei arrivato in America?
Sono arrivato in America il 17 giugno 2015.
Da quanto sei lì?
Sono qua da 1 anno e 7 mesi.
Perché sei partito?
Per motivi familiari e per avere un futuro migliore.
Come ti sentivi prima di partire?
Partire è stato difficile ed ero triste perché sapevo che avrei lasciato tutti i miei amici e i miei parenti.
Con chi sei partito?
Sono partito con mia mamma e mio fratello, mentre mio papà era già in America per lavoro.
Conoscevi già qualcuno quando sei arrivato?
Sì, oltre a mio papà c’erano i miei zii e cugini.
Come ti sentivi durante il viaggio?
Durante il viaggio ho provato una sensazione strana, sapevo che stavo facendo qualcosa che mi avrebbe completamente cambiato la vita e per questo da un lato ero felice e contento di partire, dall’altro lato ero triste e dispiaciuto di lasciare la mia vita in Italia.
Come ti sentivi appena arrivato? E qual è stata la tua prima impressione?
Appena arrivato, mi sentivo come se fossi in un film, non mi sembrava vero, penso sia stata la miglior emozione della mia vita. Sono un appassionato d’auto, soprattutto della Ford Mustang, e ogni volta che ne vedevo una, gridavo “Wow”.
Con chi vivi là?
Con la mia famiglia
Come ti trovi là?
Fino ad ora mi sono sempre trovato benissimo e sto vivendo il mio sogno, che era quello di vivere in America.
Quali sono le differenze più grandi?
Una delle differenze più grandi nella società sono i diversi modi di fare e le diverse abitudini come per esempio noi ragazzi qua al pomeriggio durante la settimana non usciamo con gli amici perché siamo impegnati con lo sport e anche perché qui la vita è tutta di fretta e per via delle grandi distanze tra le zone residenziali e il centro bisogna organizzarsi l’intera giornata in anticipo.
Pensi che gli americani siano razzisti?
Non penso che gli americani siano razzisti, anche se ovviamente ce n’è una percentuale, ma per esempio qua dove vivo a Miami, c’è una scarsa percentuale di razzismo dato che molti abitanti non sono di origine americana.
Che scuola stai facendo e quale facevi in Italia?
Sto frequentando un liceo scientifico, che dura 4 anni perché qua le superiori sono uguali per tutti e quando si arriva al college o all’università, si sceglie che indirizzo si vuole studiare. In Italia frequentavo l’Einaudi.
Ci sono differenze tra la tua vecchia scuola e quella nuova?
Qua è totalmente diverso dall’Italia perché nel corso dei quattro anni di superiori ogni studente deve frequentare 24 classi, 6 per ogni anno. Le classi corrispondono alle materie e durante la giornata a scuola sono gli studenti a doversi spostare da un’aula all’altra per le diverse materie (classi). La scuola qui inizia alle 7.20 e finisce alle 14.20 e poi al pomeriggio dalle 14.30 o dalle 15.00 fino alle 18.00 o alle 21.00 se si fa sport ci si allena con la propria squadra. Si può far parte della squadra della scuola solamente se si hanno buoni voti a scuola altrimenti, bisogna iscriversi ad associazioni private.
Hai potuto andare a scuola subito oppure ti servivano carte o dei permessi?
Per iniziare ad andare a scuola subito non ho avuto nessun problema, ma ho dovuto sostenere degli esami medici che la scuola richiede ogni anno per evitare che vengano portate malattie a scuola.
Inserirti a scuola è stato difficile?
No, le persone qua sono più aperte che in Italia e non ci sono tutti i pregiudizi che ci sono lì. Le persone non ti giudicano per come sei vestito o per come sembri ma una volta che fai parte di una classe sei amico di tutti.
È stato difficile dover parlare un’altra lingua dall’oggi al domani?
In quanto alla lingua non ho avuto problemi perché mia mamma è cubana ed io parlo lo spagnolo da sempre e qui la maggior parte delle persone parla sia spagnolo sia inglese, per l’alta percentuale di latini.
Sei riuscito a capirti subito con gli altri?
A distanza di un anno e qualche mese l’inglese lo capisco già alla perfezione, ancora non lo parlo perfettamente, però posso avere una conversazione facilmente e mi faccio capire bene.
Hai fatto amicizia facilmente o hai riscontrato delle difficoltà?
Essendo l’unico italiano a scuola ho fatto amicizia molto velocemente con tante persone senza molte difficoltà.
Fai sport? Hai iniziato qui o lì? Hai cambiato sport?
Ora non faccio più nessuno sport, in Italia ho giocato a basket per 10 anni, qui l’anno scorso (il mio primo anno) ho giocato a football americano da quarterback e da receiver. Quest’anno a causa di un infortunio durante il campionato d’estate non ho potuto far parte della squadra ma sto lavorando per cercare di tornare per il mio ultimo anno delle superiori e cercare di prendere una borsa di studio per l’università.
Che cosa pensi di questo grande cambiamento?
Penso che sia stato il cambiamento più bello della mia vita e pure il migliore. Sono venuto in questo paese con grandi aspettative, spero di poter realizzare i miei sogni e sicuramente penso di essere nella strada giusta, ho buoni voti a scuola che mi permettono di poter giocare nella squadra della scuola, e se posso tornare l’anno prossimo a giocare come ho detto, ce la metterò tutta per prendere una borsa di studio.
Cos’è la cosa migliore dell’America?
La miglior cosa di questo paese è sicuramente la patente, ho 16 anni e posso guidare, il tempo di “mamma mi porti per favore?”è finito, ovviamente è una grande responsabilità.
Se adesso dovessi scegliere tra restare lì o tornare in Italia cosa decideresti?
Sicuramente resterei qua, amo Miami, mi piace come città e se arriverò lontano con il football americano, spero di poter giocare per i Miami Dolphin un giorno. Amo l’Italia, ma sinceramente mi sono abituato alla vita americana e non potrei più vivere là.
Voglio concludere ringraziando Veronica e i suoi compagni per avermi dato l’opportunità di rispondere a queste domande e spero che vi siano state d’aiuto per imparare qualcosa in più sugli Stati Uniti d’America.

Armano Veronica, Beda Gianluca, Chinedun Nnaemeka Joseph, Padovan Asja, Tonello Isabella

Veronica e la sua storia

Come ti chiami?
Veronica.
Quanti anni hai?
ho 16 anni.
Da dove vieni?
dalla Colombia.
Quale motivo ti ha spinto a migrare?
sono stata adottata all’età di sei anni.
Come ti sei sentita quando hai saputo che avresti dovuto cambiare paese?
ero felice, perché in Colombia non ho avuto una vita molto facile, ero felice di cambiare però ho avuto un po’ di paura perché era comunque un’esperienza nuova.
Da quanto sei in Italia?
da 10 anni.
Con che mezzo sei arrivata?
in aereo.
Sei partita da sola o con qualcuno?
ero insieme a mio fratello che ha un anno in meno di me e ai miei genitori attuali.
Sono venuti a prenderti in Colombia?
si, sono venuti lì e siamo rimasti per un mese in una casa dove ci siamo conosciuti meglio in modo da essere più pronti a partire e in questo tempo io e mio fratello abbiamo imparato a parlare l’italiano.
Il viaggio come è stato?
è stato lungo, ma tranquillo.
Quando sei arrivata che impressione hai avuto dell’Italia e degli italiani?
quando sono arrivata non trovavo differenze perché io non conoscevo molto bene la Colombia non uscendo spesso di casa. Quattro anni fa sono tornata in Colombia per le vacanze di Natale e ho subito visto le differenze: ad esempio qui le persone sono molto meno, diciamo, sorridenti e gentili mentre lì sono molto più espansive e amichevoli.
Durante i primi mesi, soprattutto di scuola, ti sei trovata bene?
mi sono trovata bene durante i primi mesi e anche alle elementari perché, secondo me, i bambini dai sei ai dieci anni non vedono differenze tra un bambino di colore e un bambino bianco, per loro basta avere qualcuno con cui giocare. Alle medie ho avuto più difficoltà perché i ragazzi più grandi di me facevano battutine non molto simpatiche sul colore della mia pelle.
Ti manca il tuo paese?
Si, mi manca, ma sono comunque felice di essere in Italia, un giorno però vorrei tornare a viverci per qualche tempo.
Hai dei parenti in Colombia? tipo nonni?
no, non conosco nessuno della mia famiglia vecchia.
C’è qualcosa della Colombia che ti piaceva e in Italia non trovi?
la temperatura, in Colombia fa caldo tutto l’anno, qui in Italia arriva l’inverno e muori di freddo.
Tuo fratello come ha affrontato questa situazione?
quando eravamo in Colombia con i miei genitori faceva sempre i capricci perché era una cosa nuova anche per lui, io ero molto più timida e più tranquilla. Abbiamo affrontato la cosa in due modi completamente diversi.
Adesso lui si è integrato bene o ha avuto difficoltà?
no, si è integrato bene.
Anche con la lingua, avete avuto problemi a capire?
no, nessun problema.

Francesca, Chiara, Claudia, Letizia, Sofia

Benvenuto/a in questo blog!

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(fonte: Centro Astalli)

Questo blog si chiama  Armi e Bagagli 2017 ed è dedicato al tema delle migrazioni e al diritto al futuro.  É la seconda parte parte di un programma biannuale intitolato Armi e bagagli avviato nell’a.s. 2015-16 e dedicato a guerre, conflitti e diritto alla pace.
Questo blog è stato ideato e curato da Fondazione Fontana onlus nell’ambito del progetto World Social Agenda (a.s. 2016-17) centrato sul fenomeno delle migrazioni alla scala locale, nazionale e globale.
Il blog è stato uno spazio di dialogo attraverso il quale collaborare condividendo conoscenze, esperienze ed idee,  un luogo di incontro e di apprendimento.

Gli autori delle interviste qui di seguito pubblicate sono studenti e studentesse delle scuole secondarie di secondo grado di Padova e provincia che, insieme ai loro insegnanti, hanno partecipato al progetto World Social Agenda nell’anno scolastico 2016-17. BUONA LETTURA A TUTTI E TUTTE!